
Caprino garganico
Il Caprino garganico, deriva dalla razza della specie Capra hircus. Originaria del Gargano, in Puglia, si è poi diffusa anche in Campania, Basilicata, Molise, Abruzzo, Calabria, Lazio e Toscana. Nel dialetto locale è chiamata razza nustrala.
Storia della razza
La capra garganica, è un’antica razza originaria del nostro Gargano, zona in cui l’allevamento ha sempre avuto un ruolo fondamentale per l’economia. La razza deriva dall’incrocio di soggetti autoctoni con capre provenienti dell’Ovest dell’Europa.
Caratteristiche principali
Rustica e particolarmente adatta all’allevamento a stato brado, la capra garganica è abituata a vivere in ambienti difficili. Questa razza è immediatamente riconoscibile, anche ai meno esperti: pelo lungo e liscio, di colore nero, ciuffo e lunga barba sotto il mento, con le corna ritorte e appiattite lateralmente. I maschi possono raggiungere anche 85cm di altezzza per 55kg di peso, le femmine, invece, rimangono molto più piccole.
Allevamento e produzione alimentare
Il latte della capra garganica è utilizzato soprattutto per la produzione di alcuni tipi di formaggio, tra cui il Canestrato o il nostro Cacioricotta. Quest’ultimo viene prodotto per utilizzare tutte le proteine di latte e ricotta, realizzato sempre in piccole quantità. Era il formaggio legato ai territori più difficili, ai quali questo e pochi altri animali riuscivano a resistere.
La capra viene utilizzata anche per la sua carne, piuttosto magra, al fine di produrre la musciska. Questa parola araba deriva da mosammed (cosa dura) e indica la carne mondata, sgrassata e poi tagliata in strisce, lunghe 20/30cm e dallo spessore di 2/3cm, insaporite con peperoncino piccante, finocchio selvatico, aglio e sale marino fino. Riposte a riposare per 24 ore, vengono poi lasciate ad essiccare per circa una settimana.
Riconoscimenti
La Capra garganica ha ottenuto il Presidio Slow Food, nato per incentivare l’allevamento di questa razza. Riunendo gli allevatori del territorio garganico, il suo obbiettivo è quello di valorizzare la produzione di canestrato e cacioricotta, secondo i metodi tradizionali. Inoltre, con il coinvolgimento di alcuni macellai, il progetto mira a favorire il consumo di carne fresca e trasformata.